Il trust non ha personalità giuridica. Il trust è “soggetto” solo nel mondo delle imposte dirette e nella normativa antiriciclaggio ove esso è “il cliente”, al di fuori di questi ambiti il trust è una obbligazione, oppure come sostengono i giudici inglesi, “è l’obbligazione il cui adempimento è posto sotto il controllo di un giudice”.
La mancanza di soggettività, apparentemente scontata, è qualche cosa che nel tempo è andata sfocandosi talmente tanto nelle discussioni tra operatori e con i disponenti che capita di dover spiegare che il trust, come soggetto, non esiste e che questo provochi negli interlocutori un certo sconcerto.
L’art. 12 della Convenzione dell’Aja sul riconoscimento degli effetti dei trust in vigore in Italia dal 1° gennaio 1992 stabilisce “Il trustee che desidera registrare beni mobili o immobili o i titoli relativi a tali beni, sarà abilitato a richiedere l’iscrizione nella sua qualità di trustee o in qualsiasi altro modo che riveli l’esistenza del trust”. Questo non dà vita al trust, ma comporta la necessità che l’esistenza dell’obbligazione sia riportata dai registri pubblici immobiliari, mobiliari, conti correnti bancari e così via.
Sul tema è da segnalare l’ordinanza della Corte di Cassazione del 29 giugno 2022 n. 20808 la quale si è dovuta esprimere circa l’esclusione della soggettività passiva IVA per il trust il quale, come si legge, non è soggetto passivo Iva o per l’Imposta di registro, in quanto l’unica ipotesi di soggettività passiva tributaria del trust è quella di cui all’articolo 73 del TUIR.
È interessante notare come questa chiara posizione della Corte sia la risposta ad un punto di vista dell’Agenzia delle Entrate che lascia piuttosto perplessi ed è importante per aiutare a comprendere il punto di vista dell’Agenzia delle Entrate che ha influenzato gli ultimi anni di regolamentazione del trust. Si legge nella Ordinanza dei Giudici del Palazzaccio che “secondo l'Agenzia la carenza di soggettività del trust sul piano dei rapporti di natura civilistica non implica di per sé, automaticamente, la negazione di un'analoga soggettività o comunque di una capacità di porsi quale centro di imputazione di rapporti e obbligazioni ai diversi e distinti fini tributari”. Sembra che ci si sia talmente tanto affezionati all’idea che esista il trust, che tanti discorsi si sono sviluppati su questa premessa, che a furia di presupporlo il trust abbia preso davvero ad esistere nelle conclusioni di prassi. Il trust non esiste, esiste il trustee su cui grava una obbligazione e lo chiarisce l’Ordinanza della Cassazione.
Sembra, a chi scrive, che questa idea presupposta in modo abbastanza diffuso dell’esistenza del trust sia una concausa di una serie di interpretazioni problematiche di cui, tra Circolari (già del 2007, 2010) e defunte Bozze di Circolari (del 2021).
L’idea di poter dare vita a soggetti ai fini tributari (nel mondo dell’IVA, Imposta di Registro, IMU, Imposte Dirette) in presenza di una obbligazione o di un vincolo di destinazione avrebbe delle conseguenze destabilizzanti oltre che inique. Basti pensare agli atti impositivi ai fini delle imposte indirette notificati “al trust” (cioè a nessuno). Secondo il principio sostenuto dell’Agenzia potremmo avere anche in capo ai patrimoni destinati ad uno specifico affare di cui all’art. 2447 del c.c. una situazione di soggettività tributaria tout court. Ricordiamo, anche per curiosità, che all’epoca dell’introduzione dell’art. 2447 del c.c. la Commissione Gallo avesse concluso la sua analisi sulla qualificazione fiscale del patrimonio destinato scrivendo che un “separato imponibile del patrimonio destinato, ovviamente, non comporta che quest’ultimo sia dotato di propria soggettività tributaria, la quale rimane sempre in capo alla società di gemmazione».
Per approfondimenti o informazioni potete contattarci a mezzo email all’indirizzo info@studiogaeta.com oppure attraverso i nostri canali social.
L’Ordinanza della Corte di Cassazione in commento può essere scaricata cliccando sul bottone in basso e registrandosi al sito.
S.P.G.